Anime baltiche by Jan Brokken

Anime baltiche by Jan Brokken

autore:Jan Brokken [Brokken, Jan]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: letteratura olandese, anime baltiche
editore: Iperborea
pubblicato: 2014-11-20T23:00:00+00:00


(47) Hannah Arendt ai tempi dell’università, con l’immancabile sigaretta

A Berlino aveva sentito parlare di Heidegger. «Semplicemente di questo corre voce: il pensiero è tornato a diventare vivo, e i tesori di cultura del passato, creduti morti, tornano a parlare ed esprimono cose del tutto diverse da quelle che, diffidando di essi, si era supposto. C’è un maestro, e forse si può imparare a pensare.» Heidegger insegnava a Marburgo. Hannah si trasferì da Königsberg a Marburgo, in una mansarda non lontana dall’università. Con il suo taglio di capelli alla moda e il modo di vestire che non passava inosservato, aveva tutti gli sguardi puntati addosso.

Quel che più colpiva in lei era «la forza suggestiva» dei suoi occhi, come scrive l’amico Benno von Wiese nelle sue memorie: «Ci si immergeva nei suoi occhi e si doveva temere di non emergere più.» Un altro compagno di studi, Hermann Mörchen, ricordava come spesso, a mensa, tutti tacessero quando parlava Hannah Arendt: «Non si poteva fare a meno di ascoltarla.» La sua intensità, la sua ricerca della sostanza delle cose e la sua profondità le davano un che di magico. E poi aveva un vero talento per l’amicizia: per lei, un amico era per sempre. In una lettera scrive: «Non posso dire no a qualcuno a cui ho detto sì una volta.» Non esiste definizione migliore della fedeltà.

La relazione con Martin Heidegger iniziò nella maniera più romantica, cinque mesi dopo il suo arrivo a Marburgo. In aula, dal suo banco, Hannah si vedeva riflessa negli occhi del professore, non narcisisticamente come oggetto del suo desiderio, ma come la donna che Heidegger le faceva vivere dentro e che lei ancora non conosceva. Secondo Elzbieta Ettinger, che ha ricostruito la relazione e raccolto i frammenti delle lettere ricavandone una travolgente storia d’amore, quando la invitò per un colloquio, ai primi di febbraio, Heidegger le aveva messo gli occhi addosso già da due mesi. L’immagine che gli rimase impressa era come un film: «Si presentò in impermeabile, il viso seminascosto in un cappello e fu capace di rispondere solo dei flebili ‘sì’ o ‘no’.»

Per due semestri Hannah ricevette Heidegger in gran segreto nella sua mansarda. Aveva diciotto anni, lui trentacinque; lei aveva avuto due fidanzatini, lui era sposato e padre di due figli. Lei si era lanciata a capofitto nella vita studentesca, lui era uno studioso geniale che si teneva a distanza di sicurezza da colleghi e studenti, che lo idolatravano. Lei indossava eleganti abiti verdi, lui si vestiva come un contadino bavarese. Lei fumava una sigaretta via l’altra o accendeva la pipa, una pipetta sottile con il bocchino d’argento; lui era convinto che una mente sana abitasse in un corpo sano, era un appassionato sciatore e dava volentieri lezioni di sci. Lei aveva una sua timida ostinazione, lui era deciso ma goffo. Lei scriveva poesie – «Io non so più come fa l’amore / io non so più lo splendore dei campi» – lui frasi poetiche che erano insieme appassionate e ampollose. Nonostante i suoi slanci poetici,



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